Catechesi decanale di Avvento 2014 – Decanato di Somma Lombardo
presso l’Oratorio San Giovanni Bosco di Vergiate
La catechesi decanale dei primi tre lunedì di Avvento ha visto una numerosa partecipazione agli incontri tenuti in oratorio a Vergiate. Il tema è di quelli che ad ognuno di noi suggerisce risposte e ricette “pronte all’uso” che dovrebbero portare la Chiesa là dove si vorrebbe…
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Di seguito alcuni stralci tratti dalle trascrizioni delle registrazioni.
Nella prima serata il sociologo, prof. Francesco Marcaletti, ci ha guidato con una carrellata di aneddoti di vita personale, nei vari luoghi del mondo nei quali ha vissuto con la famiglia, uniti tra loro da riferimenti al magistero della Chiesa e alla materia che insegna all’Università Cattolica.
Nell’Evangelii Gaudium Papa Francesco parla di: Un improrogabile rinnovamento ecclesiale. Non si può aspettare. Viene posto a tutti i fedeli. La pastorale in chiave missionaria esige di abbandonare il comodo criterio pastorale del “si è fatto sempre cosi”: “Invito tutti ad essere audaci e creativi in questo compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità. Una individuazione dei fini senza un’adeguata ricerca comunitaria dei mezzi per raggiungerli è condannata a tradursi in mera fantasia.”
Dobbiamo pensare ad una Chiesa “in uscita”, pronta ad andare incontro alla gente e ad accettare le sfide che la modernità porta con sé.
La seconda serata, mons. Franco Carnevali ha caldamente invitato a leggere i “piccoli e grandi segni positivi che si possono leggere nella nostra situazione ecclesiale”. Guardiamo i segni promettenti, evitando, però, di pensare che la Chiesa sia una realtà soltanto nelle nostre mani. Ciò che permette di vedere segni promettenti nasce dalla la realtà che l’azione nella Chiesa è sempre l’azione dello Spirito. Dobbiamo anche evitare di cadere nel rischio di valutare tutte le cose che facciamo a partire dai numeri e dai risultati. Numeri e risultati sono elementi di valutazione, ma noi dobbiamo ricuperare la “logica del Paradiso”; nel vangelo si dice che si fa festa per uno che si converte; non dice che occorre un certo numero per far festa.
[..] Il Concilio di Trento (1545-1563) ha fatto cose molto interessanti per i suoi tempi e per i secoli successivi, ha rafforzato l’dea della parrocchia come una delle forme di reale missionarietà. L’Italia è divisa in parrocchie. Questa forma missionaria, con l’andare del tempo, ha un po’ perso questa idea e la parrocchia, anziché essere vista come realtà in tensione missionaria, è stata piuttosto pensata come forma organizzativa della Chiesa, come realtà che ne garantiva l’identità: “io sono di questa parrocchia”, e, un po’ per volta si è un po’ dimenticato che la parrocchia non può essere la Chiesa. La Chiesa è soprattutto chiamata a formare dei cristiani, non dei parrocchiani. Paolo VI nell’Evangelii nuntiandi diceva: “La chiesa esiste per annunciare il vangelo”. La Chiesa fa tante altre cose, ma se non annunzia il vangelo perde la sua identità. [..] Il laicato corresponsabile è un punto promettente anche se, obiettivamente, siamo ancora ai primi passi. Da una parte noi preti facciamo un po’ fatica a condividere la corresponsabilità e voi laici fate un po’ fatica ad assumervi la corresponsabilità. Noi facciamo un po’ fatica perché siamo i responsabili, presidenti della comunità; non siamo quelli che tirano le fila; siamo quelli che nella comunità pastorale agiscono in buona parte perché non ci siano i “centri di potere”. Centri di potere esistono anche nelle cose piccole, dal bar dell’oratorio a chi prepara la cena per la festa patronale. Smantellare i centri di potere è un grande segno di missionarietà. Una chiesa accogliente, in uscita deve superare il “liturgismo”. Anche la celebrazione dell’Eucaristia deve essere capace di coinvolgere. Nelle nostre parrocchie si dice che facciamo fatica a trovare catechisti e educatori; però ci sono. Ci sono persone, anziane o non, che si rendono disponibili per un volontariato educativo. [..] Caso “oratorio feriale”. Durante l’oratorio estivo avvengono cose con elementi di stranezza. Tanti adolescenti, che durante l’anno non si fan vedere e che tante volte non vanno neanche a messa la domenica, vengono a chiedere di poter fare l’animatore dell’oratorio feriale. Qualche volta è bene dire di no, qualche volta è bene allargare un po’ le maglie per riavvicinarli alla vita della comunità cristiana. Questa realtà strana mi piace vederla un po’ simbolicamente come quelle realtà promettenti che qualche volta vanno al di là di quello che possiamo immaginare. Sarebbe bello che ciascuno di noi, guardando alla vita della sua comunità sappia scoprire lati promettenti anche se non appaiono e che però possono essere ricchezza per la vita della Chiesa.
Nell’ultima serata, don Antonio Novazzi ha ripreso l’idea della Chiesa “in uscita”: La comunità che evangelizza sperimenta che il Signore ha preso l’iniziativa, l’ha preceduta nell’amore, e per questo essa sa fare il primo passo, sa prendere l’iniziativa senza paura, andare incontro, cercare i lontani e arrivare agli incroci delle strade per invitare gli esclusi. L’uscita missionaria, più che un’attività tra altre è un paradigma, cioè è il paradigma di tutta l’azione pastorale. L’intimità della Chiesa con Gesù è un’intimità itinerante, suppone un uscire da se stessi, un camminare e seminare sempre di nuovo, sempre più in là. «Andiamo altrove a predicare ai villaggi vicini, perché per questo sono venuto», diceva il Signore.
Aggiungo un pensiero, emerso durante l’ultimo gruppo famiglie a Villadosia, il 23 novembre scorso: riflettendo sul discorso del Papa per la conclusione del Sinodo dei Vescovi, è emersa l’idea che il Pastore va sempre incontro alle “pecore smarrite” e che forse, in questi ultimi tempi, le proporzioni sono cambiate… nell’ovile restano quei laici che potrebbero coadiuvare il Pastore nella gestione ordinaria della Chiesa, mentre la maggior parte delle altre pecore sono disperse o forse indifferenti al messaggio cristiano, credendolo semplicemente una proposta tra le tante.
La “sfida” della Chiesa che cambia credo sia nella Chiesa “in uscita”, espressione usata più volte da papa Francesco nell’Evangelii Gaudium e ripetuta nelle tre serate dai tre relatori, per richiamarci ad una missionarietà che parta dai nostri cortili quali luogo di prossimità, dagli oratori e dalle associazioni, ambienti educativi che, pur nascendo con le buone intenzioni, a volte smarriscono la meta e lo spirito fondatore.
Non si tratta di fare rivoluzioni o di azzerare tutto ma, con pazienza, trovare il buono che c’è in ogni ambiente e valorizzandolo, portarlo a maturare. Abbiamo bisogno di pastori che sappiano prenderci per mano e della docilità necessaria per farci guidare in questo cammino di cambiamento, con la convinzione che non camminiamo mai soli.
Gianfranco Piras
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