Sabato 26 luglio. Quasi nella metà dell’estate. Piove come se fosse novembre. Il parcheggio è ancora buio, illuminato solo dalle insegne di un bar e dalla luce gialla dei lampioni. Tre furgoncini si preparano a partire. Alle cinque di mattina. E quella mattina attraversano mezza Italia, quei furgoncini. Tra la pioggia e la nebbia, e poi il mare, e sempre più su, fino a quel paesino che dopo una settimana avremmo conosciuto a memoria. E così comincia la nostra vacanza. Sotto l’acqua.
Acqua che non ci abbandona, che ci accompagna per visitare le strade di Lucca, Pisa, Siena. Pioggia che ci inzuppa i vestiti, che rimane chiusa fuori dalle cattedrali, dalle torri, dai bar, che rimane fuori a sbattere sui tetti, ad aspettare, pronta ad accoglierci di nuovo appena metteremo un solo piede fuori. Tornati all’ostello, le scarpe fradicie gocciolano appese fuori dalle finestre, negli occhi, imprigionati, scintillano i ricordi, tutte le cose che abbiamo visto. Meraviglia.
Pochi giorni dopo, la pioggia finisce. Anche il cielo ne ha abbastanza. Le nuvole spariscono in fretta, messe in fuga da un sole caldo. Si parte. A piedi, su, sempre più su, tra le rocce, l’erba alta, e poi la nebbia, immersi nella nebbia, nel bel mezzo di una nuvola, non si vedeva nulla, ma si andava sempre avanti, anche con la stanchezza nelle gambe, e poi finalmente in cima la gioia nella testa e la vista era da morirne, tanta bellezza da morirne, le montagne sotto i piedi, sopra la testa solo le nuvole.
C’era il mare, il giorno dopo. Il sole si specchiava sull’acqua salata, ma non poteva vedere il suo riflesso, perché le onde glielo impedivano. Le onde. Altissime, che pareva cercassero di cacciare le persone dal loro mare, ma che si potevano affrontare, con cui si poteva giocare. Poi di nuovo sulla spiaggia, la sera, con il rumore del mare e le note di una chitarra nelle orecchie, con il calore del fuoco sul corpo, col fumo che avvolgeva, si rotolava saliva e gridava al cielo alle nuvole alle stelle le nostre canzoni, e le raccontava alla luna che stava appesa sopra un mare ormai calmo, reso troppo stanco dalle onde che lo avevano tormentato tutto il giorno.
E stanchi, anche noi, infine torniamo a casa. Sabato 2 agosto. Appiccicata ai piedi, ancora la sabbia. Nelle valigie i vestiti che non aspettano altro che essere lavati al più presto. Nella testa le canzoni, le immagini. Nel cuore, i ricordi.
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