Incontro con il dott. Alberto Pellai di Somma Lombardo, specialista in psicoterapia cognitivo comportamentale dell’età evolutiva.
“Come insegnare ai figli ad alzare lo sguardo, in un mondo dove gli occhi sono sempre incollati ad uno schermo”
VILLADOSIA, 23 Marzo 2014 – Fin dalle prime parole di introduzione di don Maurizio, capiamo che il nostro sguardo deve cambiare direzione…
“Alzo gli occhi verso i monti, da dove mi verrà l’aiuto …”
Da alcuni anni i nostri sguardi incrociano sempre più spesso degli schermi e sempre meno frequentemente altri sguardi; i nostri rapporti stanno cedendo , più o meno inconsciamente alla moda del “virtuale”, per cui anche i nostri rapporti personali perdono di qualità e i nostri figli stanno perdendo le tre variabili che ci hanno aiutato a crescere e che sono alla base della vita sociale di ognuno di noi: parole, sguardi, gesti. Gli studi degli esperti ci dicono che i ragazzi crescono con meno probabilità di devianze se vivono una sana convivialità familiare, soprattutto se hanno a disposizione una minor quantità di strumenti tecnologici. La vita procede sempre più a ritmi accelerati, perché abbiamo o, vogliamo, aver sempre meno tempo per pensare alle conseguenze delle nostre azioni.
Quello che scriviamo o pubblichiamo, nel giro di pochi istanti è sugli schermi di molti e, se un tempo una parola poteva anche ferire l’interlocutore, avendo però il tempo per dare direttamente spiegazioni, ora con un click si invia qualunque tipo di messaggio senza accorgersi dell’espressione dell’altro.
Quanto ci preoccupiamo della vita interiore e spirituale dei nostri figli?
Se non ci preoccupiamo noi, come genitori, ci sono altri che in gran quantità studiano la nostra vita e quella dei nostri figli, per “farli consumare” sempre più e indurli a continue e pressanti richieste, motivate dal “tutti fanno così” o “tutti hanno quell’oggetto”…
È necessario quindi tornare a fare squadra, allearsi tra genitori per essere in grado di proporre e testimoniare un modello di vita diverso.
- Che regole ci siamo dati in famiglia, riguardo alla “quantità” di TV, cell, PC, tablet ecc., di cui ognuno può disporre?
- Quale esempio diamo? Riusciamo noi prima dei nostri figli a rispettare le regole che ci siamo dati?
- Quanto come genitori riusciamo a parlare dell’educazione e quanto come coppia ci formiamo?
I nostri figli, pur essendo tecnologicamente più bravi di noi, non riescono da soli a gestire la complessità degli strumenti che hanno a disposizione e delle emozioni che suscitano in loro; hanno bisogno del nostro supporto.
Fino a 14 anni e, a volte, anche oltre, non può esistere il concetto di privacy rivendicato a volte dai ragazzi.
Come abbiamo il diritto e il dovere di seguirli nella vita affettiva e scolastica, abbiamo il diritto e il dovere di conoscere e, con loro, regolamentare l’utilizzo degli strumenti che hanno.
Il nostro intervento o le nostre omissioni sono segni indelebili del nostro essere genitori, così come è indelebile qualunque cosa venga messa on-line: quando abbiamo dato l’invio, qualunque cosa sia partita dal nostro mezzo, è destinata a fissarsi indelebilmente in un archivio che non sapremo mai localizzare.
Internet è nato proprio con lo scopo di essere una rete le cui maglie saranno sempre connesse tra loro… a prova di strappo! Anche noi come genitori dobbiamo allora puntare ad avere le stesse caratteristiche della rete: essere sempre in comunicazione, con lo sguardo rivolto in alto, da dove ci può arrivare il vero aiuto.
Come disse Giovanni Paolo II, “Duc in altum” dobbiamo aiutare i nostri ragazzi a prendere il largo e noi insieme a loro.
Anna e Gianfranco
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