Cari amici,
desidero condividere con voi un fatto capitato ieri mattina e che mi ha fatto pensare al modo con cui il Signore agisce nei cuori degli uomini anche in un tempo così particolare e difficile come quello che stiamo vivendo.
Tramite una persona di mia conoscenza, mi viene segnalato che c’è un uomo che ha bisogno di parlarmi al telefono. È un uomo che non conosco e che ha confidato questa persona la necessità di confrontarsi con un prete. Mi rendo disponibile all’ascolto e dopo 10 minuti ricevo la telefonata.
Si tratta di un uomo di 72 anni, sposato da tanti anni con una donna che ora è malata e ha bisogno di assistenza. Mi confida che non si confessa da circa 50 anni. Il motivo di questo lungo “digiuno” dalla Confessione è questo: riconoscendo in coscienza di non rispettare “alcuni comandamenti” e di non aver mai maturato nel profondo del cuore il “proposito sincero di cambiare stile di vita” (penso alludesse alla fedeltà matrimoniale ma non ha specificato, quindi rimane una mia supposizione), ha preferito astenersi dai sacramenti perché sapeva bene che chiedere perdono a Dio lo avrebbe impegnato ad attuare un cambiamento di vita.
In queste settimane, a seguito di questa emergenza e della solitudine in cui si è ritrovato, ha iniziato a sentire un maggior bisogno di Dio. È rimasto colpito ed attratto in modo particolare dalla preghiera di Papa Francesco la sera del 27 marzo e ha ricevuto con fede la Benedizione “Urbi et Orbi” e il dono dell’Indulgenza plenaria. Informato dal suo amico sulle condizioni per poter ricevere l’Indulgenza, ha saputo che avrebbe dovuto accostarsi alla Confessione e alla Comunione. Ecco allora il motivo della telefonata e del confronto con un prete: “Come ci può confessare in questo momento? Vorrei tanto fare Pasqua”. Ed è scoppiato a piangere.
In quel momento gli ho detto queste semplici parole:“Il Papa concede in questa condizione di emergenza l’Indulgenza Plenaria a tutti coloro che manifestano un profondo pentimento e desiderano cambiare vita. Passato questotempo di restrizioni, la gioia e la pace del perdono troveranno il loro compimento nella Confessione e nella Comunione”.
L’uomo, emotivamente sollevato e rappacificato, ha concluso: “La ringrazio. Sono contento di poter fare Pasqua anch’io quest’anno”.
Perché ho pensato di condividere con te questa esperienza?
Riassumo ciò che ho provato in queste semplici considerazioni:
- Non esistono tempi o condizioni di vita in cui il Signore non possa irrompere con la luce del suo amore.. talvolta le prove e le emergenze ci permettono di riscoprire la fiamma della fede
- Mi sono sentito molto piccolo e povero dinnanzi alla fede di questo uomo: pur avendo la possibilità di confessarmi tutti i mesi, non ho mai pianto per i miei peccati e forse non sono così serio nel formulare propositi di vita nuova
- Ho provato un po’ di invidia per quell’uomo, ho immaginato la festa che ieri in Paradiso il Padre avrà fatto per lui, ricordando le parole di Gesù quando disse: “Vi è più gioia in cielo per un solo peccatore che si converte, che per novantanove giusti a cui pentirsi non serve”.
Mi sono permesso di condividere con te questo episodio perché lo considero un miracolo della fede. In un periodo di brutte notizie, sento il bisogno di narrare storie di Vangelo: lontani che si riavvicinano, uomini e donne di buona volontà che mettono a rischio la loro vita per curare i malati o per aiutare chi si trova nel bisogno. Mi auguro che questa Pasqua possa essere ricordata non per il Covid-19 ma per il fermento di vita nuova che può far scaturire in noi. Che la Pasqua riaccenda il desiderio di Dio, riscatti l’abitudine con cui ci accostiamo alla Parola e ai Sacramenti e risvegli nel cuore di tutti il desiderio di servire e di prenderci cura gli uni degli altri.
Buona PasquaUn Sacerdote
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