Un’opportunità planetaria, una preziosa occasione di confronto sui temi della famiglia e non solo, lo stimolo anche per una verifica interna. Diarmuid Martin, dal 2004 arcivescovo di Dublino e primate d’Irlanda, ha ben presente la posta in gioco del IX Incontro mondiale delle famiglie che tra pochi giorni si aprirà nella sua diocesi (25-26 agosto).
Si scrive «Incontro mondiale», si legge «catechesi familiare permanente». Impegno globale per raccontare e raccontarsi ciò che la famiglia rappresenta per la Chiesa e per il mondo. Rassegna universale per spiegare quanto è stato messo in campo nell’ultimo triennio per promuovere, accompagnare, sostenere, riorientare l’impegno delle coppie, dei coniugi, dei genitori, dei figli, dei nonni. Perché gli Incontri mondiali delle famiglie si tengono ogni tre anni – ultima edizione nel 2015 a Filadelfia – secondo le indicazioni di Giovanni Paolo II che inaugurò la serie nel 1994 a Roma.
Per ogni occasione un titolo e un tema diverso. In ogni città una sottolineatura particolare che deriva dalla situazione attraversata in quel momento dalla Chiesa locale e da quella universale. Perché la vita delle famiglie non si svolge in un mondo ideale, in una realtà edulcorata, ma è strettamente connessa alla società, alla politica, al lavoro, alla scuola, ai media, al tempo libero e a tutto quanto di positivo e di negativo avviene intorno a noi. Da qui lo sforzo di offrire, durante i vari Incontri mondiali, spunti e riflessioni capaci di guardare alla dimensione della fede senza dimenticare la concretezza del vivere, le speranze delle coppie, le fatiche dei genitori. Fu così, per esempio, a Valencia nel 2006, quando al centro della kermesse c’è stata la trasmissione della fede in famiglia, mentre a Città del Messico tre anni dopo la riflessione ha riguardato la difficoltà di una formazione attenta ai valori cristiani. Ma è stata l’edizione di Milano nel 2012, quando centinaia di esperti si sono interrogati sulle modalità più opportune per armonizzare la vita cristiana delle famiglie con il lavoro e con la festa, quella entrata forse più direttamente nelle dinamiche della quotidianità familiare, con spunti capaci di far comprendere come sia sempre più complicato inquadrare gli stili di vita della postmodernità nella coerenza del Vangelo.
Le stesse difficoltà che si sono trovati di fronte gli organizzatori della IX edizione dell’incontro mondiale ormai alle porte. Da martedì 21 agosto, fino a domenica 26, Dublino aprirà le porte alle famiglie del mondo. Un’edizione di particolare rilievo non solo perché la prima della cosiddetta “era di Amoris laetitia”, ma anche perché si potranno verificare i frutti della lunga stagione sinodale (2013-2016) che ha impegnato la Chiesa intera con due assemblee generali dei vescovi e due consultazioni mondiali di laici e consacrati. Pensare che un momento di simile intensità, ricco di spunti, di dibattiti, di iniziative possa essere scivolato via senza lasciar traccia, senza aver influito positivamente nel rapporto tra famiglia e Chiesa, significa non solo ignorare lo sforzo di rinnovamento voluto da papa Francesco ma anche tenere in scarso rilievo l’azione dello Spirito che è forza dinamica, movimento di idee, sguardo aperto verso il futuro.
Si tratta della stessa ricchezza di novità che si respira in Amoris laetitia e che papa Francesco ha voluto fosse il titolo dell’incontro di Dublino, «Il Vangelo della famiglia gioia per il mondo», sintesi efficace proprio di un passaggio dell’Esortazione postsinodale (n.38) in cui Francesco auspica che l’amore tra uomo e donna, la reciprocità maschile/femminile, possa tornare a rappresentare “strade di felicità” per la Chiesa e per il mondo, dopo la lunga stagione del pessimismo, della famiglia guardata più come problema che come risorsa, delle polemiche sul gender e sulle battaglie anti-family. Ora, quelle insidie non sono scomparse, anzi spesso sono diventate più aggressive e più subdole. Ma le difficoltà, come detto reali e incombenti, non devono far passare in secondo piano tutto il positivo che Chiesa e società possono trarre da uno sguardo sulla famiglia più aperto, più inclusivo, più solidale, più disponibile a valorizzare il bene che lo Spirito suscita nonostante fragilità e debolezze, cadute e delusioni.
Il programma dell’incontro mondiale va proprio in questa direzione, nello sforzo di ripercorrere in sintesi tutti gli argomenti affrontati in Amoris laetitia. Va qui la necessità di condensare nei tre giorni del congresso teologico-pastorale una grande varietà di temi. Da quelli pastorali-spirituali-biblici (trasmissione della fede, preghiera in famiglia, preparazione al matrimonio, maternità e paternità), a quelli educativi. Dalle dinamiche di coppia agli argomenti sociali. Non esclusi neppure temi come la disabilità, l’immigrazione, l’economia, la povertà, l’arte, la pace nel mondo. E si parlerà anche di questioni complesse, su cui la Chiesa sta riflettendo con coraggio soprattutto dopo la stagione sinodale, quindi pastorale per divorziati risposati, per persone omosessuali e transessuali. Un focus sarà dedicato anche al tema degli abusi che negli ultimi anni ha investito pesantemente la Chiesa irlandese.
Insomma un programma davvero vasto, una sorta di enciclopedia della famiglia. Ogni giorno una quarantina di focus, oltre 300 relatori, quasi 800mila le persone attese dai cinque continenti per la Messa finale che Papa Francesco celebrerà domenica 26, alle 15, nel grande parco al centro di Dublino.
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