Festa della Famiglia
di sant’Ambrogio, vescovo
«Onora tuo padre e tua madre» (Lc 18, 20; cfr Es 20, 12).
È bello che per me, oggi, si legga l’inizio della Legge, quando è il giorno natalizio del mio episcopato; infatti sembra quasi che ogni anno l’episcopato ricominci daccapo, quando si rinnova con la stagione del tempo.
Bello è anche quanto si legge: «Onora tuo padre e tua madre»; voi, infatti, siete per me come i genitori, perché mi avete dato l’episcopato, voi, ripeto, siete come figli o genitori, uno per uno figli, tutti insieme genitori.
Effettivamente di gran cuore vi vorrei chiamare sia miei figli sia miei genitori, voi che ascoltate e mettete in pratica la parola di Dio: figli, perché sta scritto: «Venite, figli, ascoltatemi» (Sal 33, 12); genitori, perché il Signore ha detto: «Chi è mia madre e chi sono i miei fratelli? Mia madre e i miei fratelli sono quelli che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica» (Mc 3, 33; Lc 8, 21).
Pertanto è giusto che la Legge, la quale prima aveva scritto: «Amerai il Signore tuo Dio» (Dt 6, 5; cfr. Mc 12, 30) e «amerai il prossimo tuo» (Lv 19, 18), abbia aggiunto: «Onora tuo padre e tua madre».
Codesto, in realtà, è il primo gradino della pietà, perché Dio ha disposto che essi ti facessero nascere.
Onorali con dimostrazioni di rispetto, in modo da astenerti da ogni offesa, perché nemmeno con l’espressione del viso si deve mancare alla pietà verso i genitori.
Ma è ancor poco non offendere, dato che la Legge ha provveduto che non patissero oltraggio – infatti – «colui che maledice suo padre o sua madre sarà messo a morte» (Es 21, 17; Mt 15, 4) –; tu invece onorali, per essere buono.
Una cosa è l’ossequio comandato dalla Legge, un’altra è il dovere della pietà. Onora i tuoi, perché il Figlio di Dio ha onorato i suoi; hai letto infatti: «E stava loro sottomesso» (Lc 2, 51).
Se Dio stava sottomesso a due poveri servitori, come devi comportarti tu con i tuoi genitori? Cristo onorava Giuseppe e Maria non per un debito di natura, ma per un dovere di pietà, e inoltre onorava Dio suo Padre, nel modo in cui nessuno mai poté onorarlo, al punto di essere «obbediente fino alla morte» (Fil 2, 8); perciò anche tu onora i genitori.
L’onore però non consiste soltanto nelle manifestazioni di rispetto, ma anche nella generosità. «Onora le vedove, quelle che sono veramente tali» (1 Tm 5, 3); onore infatti significa dar aiuto secondo i meriti.
Sostenta tuo padre, sostenta tua madre. E quand’anche avrai sostentato tua madre, non compenserai mai i dolori, non compenserai gli strazi che ha patito per te; non compenserai gli atti di amore con cui essa ti ha portato in grembo; non compenserai il nutrimento che ti ha dato, premendo soavemente le poppe sulle tue labbra con tenerezza di affetto; non compenserai la fame che ha sopportato per te, quando non voleva mangiare nulla che ti potesse nuocere, né toccar nulla che le danneggiasse il latte.
Per te essa ha digiunato, per te ha mangiato, per te ha rifiutato il cibo che pur desiderava, per te ha preso il cibo che non le piaceva, per te ha vegliato, per te ha pianto: e tu permetterai che essa viva nel bisogno? O figlio, che terribile giudizio vai a cercare, se non sostenti colei che ti ha partorito! Tu devi quello che hai a colei alla quale devi quello che sei.
Che giudizio terribile, se dovrà essere la Chiesa a nutrire quelli che non vuoi nutrire tu! «Se qualcuno», dice, «o se qualcuna della nostra fede ha delle vedove, provveda a loro, e non si aggravi la Chiesa, perché possa venire incontro alle vedove che sono veramente tali» (1 Tm 5, 16). E questo è detto degli estranei: ma che cosa non si dovrà fare per i genitori?
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