Riportiamo una riflessione sull’avvento di S.E. Cardinale Angelo Scola – Arcivescovo di Milano
Un’attesa bella perché si fonda sulla speranza affidabile della venuta certa del Signore.
(…) Il Cardinale invita a guardare con speranza il presente e il futuro: «Non con un ottimismo acritico, non con un forzoso ‘tutto va bene’ ma con una speranza affidabile perché Colui che viene mostra che la storia personale e la storia della famiglia umana hanno un senso cioè un significato, un valore, una direzione».
In questo contesto, anche il dialogo tra il Signore e i discepoli, narrato dalla pagina evangelica di Marco 13, è un monito chiaro: «Di fronte al dilagare del male e delle circostanze avverse, alle contraddizioni gravi e alla fatiche che anche noi europei stiamo portando, l’interrogativo più radicale è se possiamo ancora attendere la venuta di Qualcuno che spezzi questa angosciante impotenza». Qui è l’importanza dell’Avvento, suggerisce.
Sgomenti come i discepoli «di fronte all’imperversare del male, fuori ma anche dentro di noi», tentati di cedere al lamento sterile e senza pietà verso l’umano, occorre, tuttavia, vedere nel travaglio, che richiama la nascita attraverso i dolori del parto, una preparazione positiva alla vera nascita.
(…) Attendiamo la fine del mondo come la nascita piena, adulta, definitiva, matura: la nascita all’abbraccio paterno del Padre.
L’invito è a non dimenticare che siamo “eletti” in quanto seguaci di Gesù e attraverso coloro che Lui sceglie, non per i loro meriti, ma per il mistero della Sua misericordia, Dio raggiunge tutti gli uomini. E questo vale «anche per l’uomo postmoderno, sofisticato, ma pur sempre fragile come l’uomo di ogni tempo, anche per gli abitanti delle nostre terre ambrosiane, che in troppa misura si sono allontanati dalla pratica eucaristica e che tuttavia hanno ancora un riferimento nella nostra grande storia di cattolicesimo popolare».
E se la «fine del tempo e della storia svelerà ai nostri occhi, il fine della vita dell’uomo e della storia, che “Dio sia tutto in tutti”», la conseguenza è decisiva ed evidente. «La solidarietà col “Dio con noi” ci fa responsabili gli uni degli altri e contraddice Caino. Uniti nell’attesa di Colui che sta venendo, siamo chiamati all’esperienza bella della comunione effettiva tra cristiani e a condividere, come sorelle e fratelli, le gioie e le speranze, le tristezze e le angosce degli uomini di oggi, dei poveri e soprattutto di tutti coloro che soffrono». Il dolore del Cardinale è per le recenti tragedie causate dal maltempo «Siamo vicini a quanti piangono le vittime e a chi soffre per i danni dell’alluvione», sottolinea.
In gioco c’è la méta buona che illumina il cammino quotidiano, nel cui vortice spesso dimentichiamo «chi siamo e di Chi siamo», osserva l’Arcivescovo, che raccomanda a tutti «il segno di croce al risveglio e prima di coricarsi così come la preghiera del mattino e della sera, possibilmente in famiglia, come modalità semplice, ma potente, anche per rigenerare le relazioni tra gli sposi e con i figli. In questo tempo, partecipiamo almeno – aggiunge – a una Messa infrasettimanale».
Non dimentica, il Cardinale, anche i gesti concreti di condivisione verso i più poveri ed emarginati (…)
E, a conclusione della Celebrazione, il pensiero va al Paese: «bisogna pregare perché cresca l’amicizia civica e perché il confronto tra diverse visoni del mondo e posizioni, tra diversi nobili interessi, sia sempre teso verso questa amicizia di cui la Nazione ha tanto bisogno per potere vivere in pace e poter affrontare, italiani e immigrati, questo tempo di crisi restando uniti»
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