La Nota pastorale dell’Arcivescovo dedicata ai giovanissimi, una proposta di catechesi, gioco, sport, festa, contro l’emorragia dei ragazzi dagli oratori e l’individualismo.
Creare «comunità educanti» in grado di accompagnare, attraverso un percorso unitario, i ragazzi più piccoli e non solo, durante i primi anni della formazione cristiana, dalla prima confessione alla Cresima.
La nota pastorale del nostro arcivescovo il cardinale Angelo Scola, anticipa la lettera pastorale che sarà probabilmente diffusa l’8 settembre, per dare modo ai sacerdoti e a chi opera in parrocchia di leggerla durante l’estate e di essere operativi alla ripresa della vita delle comunità.
Non una nuova Lettera Pastorale ma un ulteriore sviluppo della proposta pastorale degli anni scorsi. l’Arcivescovo spiega che le difficoltà che incontra la Chiesa nel suo compito di evangelizzazione dipendono dal contesto di frammentazione in cui viviamo.
Il cardinale Scola osserva che «i nostri ragazzi passano ogni giorno dalla famiglia alla scuola, allo sport, alla musica, all’oratorio, al catechismo, attraversano comparti stagni senza potersi ancorare ad un motivo che unifichi la loro giornata.
Al di là della dedizione encomiabile di decine di migliaia di educatori il ragazzo sente il catechismo come una sorta di doposcuola che lo porterà al traguardo della Confermazione, inteso dalla maggioranza con il termine di un percorso.
In questo modo lo svuotamento dei nostri oratori diventa inevitabile e diventa sempre più forte, la tentazione di rinunciare a educare e di abbandonarsi all’individualismo.
la proposta educativa consiste dunque nell’offrire un incontro effettivo con Gesù, per imparare a seguirlo. In questa società che non offre un orizzonte unitario, è la Chiesa stessa che si deve far carico di proporre questo vitale principio sintetico.
Questo lo si ottiene non delegando l’educazione dei ragazzi agli specialisti, ma attraverso presenza di “comunità educanti” in cui «l’incontro con Gesù venga vissuto e praticato effettivamente come principio d’unità delle persone che compongono la comunità stessa..
Non si tratta di aggiungere all’organigramma parrocchiale una ulteriore struttura o gruppo. La “comunità educante” emerge, “naturalmente”, dal vissuto reale dei ragazzi/e, cioè da quelle figure educative che di fatto già sono in rapporto con loro e che vogliamo aiutare a riconoscere più consapevolmente questo loro compito educativo dentro la vita di comunità.
Sacerdoti e diaconi, religiosi/e e consacrati/e, genitori e nonni, insegnanti, educatori ed animatori, allenatori sportivi, direttori di coro… Ogni ragazzo è già, di fatto, in rapporto con tutte queste figure, ma assai di rado esse si presentano come portatrici di una proposta unitaria e non vengono quindi percepite come parte di una stessa comunità. Invece una comunità viva e consapevole è la condizione imprescindibile perché i ragazzi incontrino personalmente Gesù come “centro affettivo”, cioè punto di riferimento stabile per la loro vita».
L’Arcivescovo immagina che «gli adulti che formano la comunità educante «non si incontrano solo per organizzare cosa fare con i ragazzi/e, ma per vivere in prima persona l’esperienza di fede e della comunione in funzione dello specifico compito educativo dell’iniziazione», «coinvolgendo le famiglie, genitori e nonni».
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